lunedì 30 ottobre 2017

Roger Waters - Is This The Life We Really Want? (recensione)

25 anni senza un album "canonico" sono tanti per chiunque. I tour e i vari album e video live ricavati da essi lasciano il tempo che trovano quando entra in gioco la possibilità di ascoltare nuova musica dal "cervello dei Pink Floyd". La sua carriera è stata quantomeno altalenante... Pros And Cons è un album che ho adorato così come Radio Kaos, ma tra ripetitività e sonorità plasticose anni '80 sono album lontani dall'esser perfetti. Con Amused To Death sembrava invece aver trovato un equilibrio tra passato e presente, sfornando un album che se non è un capolavoro poco ci manca. Se proprio vogliamo, soffre solo della "sindrome anni '90", che si può riassumere in "wow ora abbiamo i cd, non facciamo più album da 40/50 minuti! Buttiamo dentro di tutto e di più fino a 80 minuti", risultando in album eccessivamente lunghi e farciti di riempitivi poco più che inutili. Dopodiché il nulla per anni a parte l'opera Ça ira. Quindi all'annuncio di Is This The Life We Really Want? quasi non ci si credeva! E invece eccolo fra noi, ormai da qualche mese. Un album che ho visto amare e odiare, spesso per gli stessi motivi. Non tenterò neanche di fare un track by track, premetto.
Innanzitutto è un album permeato dalla sensazione di deja vu. Si, perchè sostanzialmente potete prendere una Mother, una Pigs On The Wings, qualche spruzzatina di Sheep, testi di critica sociale e politica ed ecco l'album! Si ok, ho semplificato, è vero, però siamo lì.. E alla fine tutto si riduce a quanto ci disturba l'auto-plagio e quando ci troviamo in linea con i testi. Per quanto riguarda i testi ovviamente sono una componente fondamentale e beh, si spiegherebbe il perchè delle critiche all'album diffuse in Italia (non ce la fanno a capire l'inglese, neanche nel 2017), mentre all'estero ovviamente dipende dall'orientamento politico suppongo. Perchè è ovvia la posizione anti-Trump di Waters, ma c'è anche molto altro. C'è un finale positivo, si guarda all'importanza dell'Amore, il che rimanda un po' a Radio Kaos con il suo finale di speranza, una luce in fondo al tunnel? Ma per il resto è un album molto oscuro, tetro, con un Waters sempre carico di rabbia nonostante l'età, sincero, a tratti commovente se ci si trova in linea con i concetti espressi. E la musica aiuta, perchè è vero che guarda tanto al passato, ma con una produzione più moderna in contrasto con l'uso di synth tipicamente "settantiani" (che rimandano tanto ad Animals). Insomma un album rischioso, di cui non è quasi possibile dare giudizi oggettivi. Perchè insomma, è roba già sentita, ma se questa roba già sentita ti colpisce beh, poco da fare; così come nel caso contrario. E poi personalmente credo che pezzi come Deja Vu (titolo ironico?), Picture That, Broken Bones, la title track, Bird In A Gale, siano ottimamente concepiti ed arrangiati. C'è chi ha criticato il cantato, ma probabilmente non ha mai ascoltato altre sue cose soliste. Altri hanno criticato la mancanza di assoli di chitarra; io invece ho adorato questa scelta coraggiosa. Volete gli assoli? Mettete su Rattle That Lock di Davidone amico suo.
A me personalmente Is This The Life... piace, e sono contento di poter risentire Waters fare ciò che è "suo" per natura e concezione. E personalmente, preferisco un artista che plagia cose sue (per di più a 74 anni, dategli tregua!) piuttosto che uno stuolo di gruppi giovani che si appoggia totalmente sul passato. Non sarà il capolavoro che, dopo tutto questo tempo, era quasi lecito aspettarsi; non sarà ai livelli di Amused To Death (poche cose lo sono); ma per me è un album più che rispettabile. Spero che non sia l'ultimo... Se dovessi dargli un voto saremmo sul 7-7,5.
Ah, e sulla questione "copertina-Isgrò" di cui tanto si era parlato, personalmente io ci vedo l'ennesima figura da poveracci tipica di noi italiani. Che ovviamente di roba nostra a livello artistico negli ultimi 100 anni ne abbiam fatta ben poca senza "prendere ispirazione" da altri, quindi appena notiamo mezza cagata che altri magari hanno copiato senza neanche conoscere l'originale alè, apriti cielo. Che poi Isgrò stesso non sia stato l'inventore di questa "tecnica" aggiunge solo alla ridicolaggine della questione. Viva l'Italia.

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